Disastro del Gleno, 1° dicembre 1923

Disastro del Gleno, 1° dicembre 1923

disastro del GlenoNon sono passati nemmeno cento anni da quel 1° dicembre 1923, quando la diga del Gleno non resse e crollò, portando dietro di se’ una triste scia di acqua e detriti, ma soprattutto terrore e morte: il disastro del Gleno fu il pesante tributo che la Valle di Scalve pagò per lo sfruttamento energetico che l’Italia in crescita economica richiedeva.
Erano i primi anni successivi alla I guerra mondiale e quell’accozzaglia di Staterelli che erano confluiti nell’Italia unitaria aveva fame di crescere economicamente e di vivere la sua rivoluzione industriale: Scarseggiava il carbon fossile, ma non i bacini dove sfruttare l’energia idroelettrica per generare corrente.

Con queste premesse nacque anche il progetto della diga del Gleno: il primo a metterci gli occhi sopra fu l’ingegner Tosana di Brescia che, nel 1907, chiese lo sfruttamento idroelettrico del torrente Povo. In seguito la concessione passò all’Ing. Gmur di Bergamo e poi alla Ditta Galeazzo Viganò di Truggio (Milano).

Quest’ultima incominciò i lavori nel 1917, quando il Genio Civile non aveva ancora approvato il progetto esecutivo: il progetto esecutivo per una diga a gravità venne presentato nel 1919, a firma dell’ingegner Gmur che morì nel 1920. Il suo progetto venne approvato nel 1921.

Nel frattempo, era subentrato l’ingegnere Santangelo di Palermo e alla diga vennero prelevati dei campioni da analizzare (cosa che non fu poi fatta) perché alcune segnalazioni alla Prefettura di Bergamo avevano denunciato l’utilizzo di calcina al posto di calce nella costruzione della diga.

Nel corso di un sopralluogo da parte del Genio Civile, l’ingegner Lombardo constatò che l’originale progetto di diga a gravità era stato mutato in corso d’opera e che si stava realizzando una diga ad archi multipli le cui basi poggiavano su un tampone a gravità e non sulla roccia.

In seguito a questo sopralluogo, il Ministero dei Lavori Pubblici ingiunse sia la sospensione dei lavori che la presentazione immediata della variante in corso d’opera. Era il 19 giugno 1922.
La variante d’opera fu presentata agli inizi del 1923 e i lavori proseguirono, nonostante l’ingiunzione ministeriale.

Il disastro del Gleno

Nell’autunno del 1923 le forti piogge riempirono il bacino che ebbe, sin da subito, numerose perdite, principalmente dalle arcate principali (quelle che non poggiavano sulla roccia) che culminarono con il crollo delle 10 arcate centrali della diga del 1° dicembre 1923, alle 7:15.
Alle 6.30 circa, il guardiano della diga avvertì “un moto sussultorio violento”.

Furono circa 6 milioni i metri cubi di acqua (nel 1917, il Ministero dei Lavori Pubblici aveva fissato a 3.900.000 mc la capacità di invaso della diga del Gleno) che, da 1500 metri di altezza, piombarono sugli abitati di Bueggio (frazione di Vimonore) e Dezzo di Azzone in Val di Scalve (provincia di Bergamo), provocando almeno – secondo le stime – 350 morti.

Case, chiese, cimiteri, ma anche la fonderia a Dezzo (che diede vita a un terrificante spettacolo di acqua, vapore e fuoco quando fu travolta) finirono ben presto nell’onda distruttrice che, man mano, si ingigantì di detriti e generò onde d’acqua sempre più alte e violente.

La folle corsa finì nel Lago di Iseo; il cav. Viganò e l’ing. Santangelo furono condannati a 3 anni e 4 mesi di reclusione e al pagamento di una multa di 7.500 lire. Il cav. Viganò morì nel 1928.

Cause del disastro del Gleno

Quello che in molti definiscono la nostra Vajont ha in comune con la “sorella” più grande le medesime cause più remote: un insano sfruttamento del territorio a fini puramente economici.

Più nello specifico, la principale causa strutturale del disastro del Gleno è stata la scelta della tipologia di diga: per sua conformazione, il territorio su cui poggia una diga ad archi multipli deve essere molto solido, cosa che, invece, la’ dove sorge la diga del Gleno non è.

A ciò si aggiunga la scarsa qualità del materiale utilizzato e l’insufficiente numero di armature (evidenze emerse in fase processuale), così come la fretta con cui gli operai dovevano lavorare perché pagati a cottimo e il disastro del Gleno (la cui diga non fu nemmeno collaudata perché crollo prima) non fu certo una fatalità.

Diga del Gleno: dati tecnini
lunghezza 260 m
profondità 54 m
bacino 4000 mq

Itinerari per raggiungere la diga del Gleno: http://www.valseriana.eu/it/natura/le-oasi-di-scalve/la-diga-del-gleno

Approfondimenti sul disastro del Gleno

– “Il crollo della diga del Gleno: errore tecnico?” del prof. Umberto Barbisan http://www.molare.net/disastri_simili/_files_disastri_simili/_files_gleno/Gleno_Dam_Collapse.pdf

Video, a cura delle Officine Video di Darfo Boario, con testimonianze dei sopravvissuti, premiato al festival di Cesena (2004)

– Ampi araccolta di immagini e documenti d’epoca http://www.scalve.it/gleno/default.htm

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